Recensione: Il bar delle grandi speranze di J. R. Moehringer

Eccomi di nuovo!!! Avrei 2 recensioni in coda già pronte e altre 4 da scrivere ... prima o poi ne verrò fuori. Spero almeno. Per oggi ho scelto di sistemare questo librino che mi è piaciuto davvero molto e che mi ha lasciato tanto. Non sono un'amante delle storie vere, eppure questa mi ha colpito e mi è rimasta nel cuore. Non escludo una prossima, piacevole, rilettura.


Titolo: Il bar delle grandi speranze
Autore: J. R. Moehringer
Edizione: Piemme
Prezzo: 11,50 €
Trama (tratta da www.ibs.it): Cresce catturato da una voce, J.R. La voce di suo padre, un disc-jockey di New York che ha preso il volo prima che lui abbia detto la sua prima parola. Seduto sul portico della vecchia casa dei nonni, con l'orecchio schiacciato contro la radio, vorrebbe spremere da quel timbro caldo e baritonale i segreti dell'identità e del mondo degli uomini. Sua madre è il suo mondo, ma lui cerca, desidera ardentemente anche qualcosa di più, qualcosa che riesce, debolmente ma ossessivamente, ad avvertire solo in quella voce. A otto anni, quando anche la voce alla radio scompare, J.R. corre fino al bar all'angolo, e lì scopre un nuovo mondo, e un coro turbolento di nuove voci. Sono poliziotti e poeti, allibratori e soldati, star del cinema e pugili suonati, la varia umanità che si rifugia al Dickens per raccontare le proprie storie o scordare i propri guai. Saranno quelle "mosche da bar", uomini come Steve, come zio Charlie, che si atteggia un po' a Bogart, come Colt, con il suo timbro da orso Yoghi, come Joey D, un picchiatore dal cuore tenero, sarà anche quel mondo di uomini divertito o dolente a crescere J.R., a prendersi cura di lui, a farne un uomo, come una specie di paternità su commissione. Una storia di formazione e riscatto, di turbolento amore tra una madre e il suo unico figlio, ma anche il racconto della lotta di un ragazzo per diventare uomo e un ritratto di come gli uomini rimangano, nel fondo del loro cuore, dei ragazzi perduti.

Quando lessi la trama di questo romanzo, non mi disse granché. Tanto che l'ho lasciato in un angolo per un bel po'. Poi trovai una recensione molto positiva di un'amica e, parlando con lei, mi raccontò entusiasta di quanto le era piaciuto e perché. Convinta dalla sua opinione mi sono decisa anche io e, devo dire, non me ne sono affatto pentita.

Il problema, adesso, è recensire questo splendido romanzo, perché ci sono talmente tanti argomenti, spunti, fili logici e quant'altro, che a volerli sviscerare tutti, si finirebbe per farla più lunga di una tesi di laurea.
Giusto per darvi un assaggio di quanto potrebbe essere vasta la trattazione questo libro potrebbe essere analizzato dal punto di vista genitori - figli, quando uno dei genitori se ne va; si potrebbe parlare sull'influenza che tali genitori hanno; oppure migrare verso tutt'altri argomenti, tipo la funzione social-aggregativa di luoghi come il bar, o sul loro effetto terapeutico; si potrebbe parlare dei modelli che i bambini scelgono e di come questi abbiano effetti sul loro pensiero e sul modo di crescere; cambiamo strada? Ok, allora si potrebbe parlare delle parole, del loro uso, del loro peso, della loro importanza, della loro funzione.
Questo libro è tutto questo e molto altro ancora.
Quale ho scelto io? Nessuno di questi, li lascio a chi avrà voglia di leggerlo. Per parlarne a fondo andrebbe analizzato tutto e analizzarlo tutto probabilmente gli toglierebbe buona parte del fascino.
Il protagonista è lo scrittore stesso che dall'età di 7 anni ci racconta la sua vita fino ai giorni recenti (abbastanza recenti comunque), mostrandoci con veri occhi di bambino, cosa volesse dire avere quell'età ed essere senza padre negli anni settanta americani. La ricostruzione dell'autore è piuttosto verosimigliante, soprattutto nei punti in cui emerge la differente interpretazione che adulti e bambini danno a fatti e cose. E' capitato spesso che un genitore interpretasse il comportamento del proprio figlio in un modo, magari rimproverandolo anche, mentre il piccolo si era fatto tutt'altra idea e aveva agito in un certo modo perché spinto dalle migliori intenzioni.
Tra alti e bassi, con una famiglia un po' strampalata e una mamma tutta d'un pezzo, J. R. cresce. Ma deve farlo senza padre e, per sopperire, 'elegge' ad esempio maschile, gli uomini del bar dove lavora lo zio. Lo vediamo diventare adolescente e poi ventenne, affrontando le difficoltà della vita, e le delusioni, rifugiandosi sempre da quegli uomini grandi e grossi e dal cuore d'oro.
Lentamente però, quando le delusioni si accumulano (ad un certo punto somiglia molto a John Fante e al suo Chiedi alla polvere), il bar diventa quasi un rifugio, un luogo in cui nascondersi per evitare di dover affrontare il mondo esterno e ulteriori crescite.  Sarà un fatto grave e scuotere tutti e questo lascia un po' d'amaro per il finale.
Nonostante il povero J.R. abbia fatto vita grama all'università, il libro trovo che gli sia riuscito veramente bene, è coinvolgente, commovente, rabbioso. Riesce a suscitare tutte le emozioni al momento giusto e si finisce per affezionarsi ai suoi personaggi nonostante i loro conclamati difetti e modi di fare piuttosto singolari.

Personaggi: J. R. prima di tutto, che narrando in prima persona, non lesina assolutamente i suoi pensieri, i sogni e i desideri. Primo fra tutti, quello di vedere il padre. uomo che sa essere pericoloso e totalmente disinteressato a lui e alla madre. Eppure, nella sua innocenza di bambino, desidera solo vederlo. Anche per chiedergli di occuparsi della mamma, per la verità, ed è palpabile la sua rabbia, per il non riuscire a contrastare (nelle poche occasioni in cui lo vede) quell'uomo che lo fa soffrire. La madre è il personaggio più strano, vista dagli occhi del figlio come fragile e da proteggere, spesso in crisi a causa di difficoltà economiche, è in realtà una donna forte e decisa, che cerca di crescere il suo bambino come meglio può, cercando di dargli solo il meglio. L'autore capirà solo alla fine, il ruolo importante che lei ha avuto nella sua vita. Zio Charlie, Steve e gli altri uomini del bar (il bar stesso, in altre parole) ... uomini decisamente da bar: grandi, rissosi, bevitori, eppure di buon cuore, aerti, pronti a parlare di tutto e ad occuparsi perfino di un ragazzino di dieci - undici anni, seguendolo fino alla sua maturità, fino a quando non diventa uno di loro. Sidney, la 'lei' del protagonista, che incide in maniera indelebile pur comparendo per poche pagine. Anche in questo caso è interessante vedere quanto si fatichi a superare certe cose, che forse, in un modo o nell'altro, ci segnano per sempre.
Bob il Poliziotto, è uno degli uomini del bar, è vero, ma per me ha avuto un ruolo importante, quando sprona il protagonista dicendogli che sbagliare un cognome è un errore che non può essere considerato grave. Poco dopo racconta la sua storia, portando J. R. ad una consapevolezza nuova.
Presenti anche molti altri personaggi, tutti quelli che generalmente incontriamo nella vita e a cui magari prestiamo poca attenzione, tutti importanti, ma difficili da citare in una semplice recensione.

La narrazione è, ovviamente, in prima persona essendo la biografia dell'autore stesso eppure non commette l'errore classico di ridursi solo a se stesso. O almeno non si ha quest'impressione. J: R. stesso dice di aver raccolto per anni appunti e scritti sul bar e i suoi uomini e questo ha portato il lavoro finale a spaziare oltre i pensieri del protagonista senza che si uscisse da suo campo. E' una cosa piuttosto difficile, perché nei romanzi in prima persona si perde un po' il punto di vista degli altri personaggi, mentre in questo caso, a fine libro, si ha l'impressione di poter dire cosa pensassero tutti i partecipanti della storia.
Lo stile è piuttosto pacato e abbastanza preciso. L'autore non nasconde la sua passione per le parole e non lesina dettagli sul suo rapporto con loro. Il risultato non poteva che essere un libro ben scritto, con linguaggio appropriato, molto piacevole da leggere ... Ma anche no, come ci mostra la sua esperienza universitaria, conoscere le parole e il loro uso, può non essere sufficiente ad ottenere un buon lavoro.

Giudizio finale complessivo: Poetico, nostalgico e malinconico, un romanzo autobiografico di formazione assolutamente piacevole da leggere. Fa sorridere ma sempre con un velo di tristezza e lascia un filo di amarezza sul finale. Una lettura leggera nonostante le profonde riflessioni che porta; tranquilla nonostante spesso tocchi corde profonde. Bello, davvero, anche se ci vuole un po' di predisposizione alla malinconia per apprezzarlo.
Voto: 8/10

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Commenti

  1. bella recensione, anche io leggo raramente storie vere..ma ci farò un pensiero..se trovo il libro lo prendo

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