Recensione: Cuore cavo di Viola Di Grado
Una lettura un filo datata perchè la recensione mi ha
richiesto più di una riflessione. Ora direi che ho le idee chiare.
Titolo: Cuore cavo
Autore: Viola Di Grado
Edizione: E/O
Prezzo: 16,00 €
Trama: In un romanzo coraggioso e sorretto da una scrittura
originale, Viola Di Grado racconta la storia di un suicidio e di ciò che segue.
Una folgorante invenzione della vita dopo la morte: la nostalgia, l'amore, la
frequentazione "fantasmatica" delle persone care, la solitudine e
l'incomunicabilità, in un aldilà cupo e ribollente, senza pelle e senza sensi,
dominato da una natura crudele, che sfalda i corpi, ma anche da una vita
ostinata che a questa morte si sottrae. Un romanzo che fa paura: la disgregazione
dei corpi, la sopravvivenza dell'"anima", la tristezza e il rimpianto
per la vita che non riesce a ricomporsi ma continua a incedere e spiare,
vagando in un mondo deserto ma affollato, dove i vivi non possono più vederti e
sentirti ma i morti restano all'erta, impauriti, in ascolto.
Ci ho messo un po' a capire come prendere questo libro, sia
per leggerlo, che per recensirlo. Alla fine ho lasciato stare le chiavi di
lettura e mi sono limitata a seguirne le parole (che sarebbe sempre la
soluzione migliore). Nonostante questo rimane un libro a due facce e non è
neanche facile spiegare perchè. Manca totalmente la positività. Al di là che inizia con un
suicidio, anche dopo, nel racconto di Dorotea Giglio, non c'è niente di buono o
positivo, neanche nei ricordi. Al contempo la freddezza con cui la protagonista
analizza le situazioni, i termini che usa, non lo rendono neanche pessimista o
drammatico. Una storia un po' dark raccontata con serenità? No, nemmeno. Pur
mancando aggettivi forti il libro è brutale. Ci sono descrizioni dettagliate
della decomposizione del corpo, ma anche la difficoltà dei rapporti tra
fantasmi e tra fantasmi e vivi. Non è chiaro il motivo per cui Dorotea si suicida,
ma è chiaro che, con quel gesto era alla ricerca di qualcosa che sperava di
trovare oltre la morte. Non lo troverà trasformando così un racconto sulla
morte, in un inno alla vita. Non c'è speranza nel suicidio, né futuro né
soluzione. Qualunque cosa ci manchi, ci opprima, ci faccia stare bene o male,
va risolta qui, nel presente, nella vita. Dopo la morte non c'è niente. Neanche
il pentimento. Infatti, nonostante il dolore, credo di non aver mai letto che
la protagonista vorrebbe tornare indietro, vorrebbe non averlo fatto, vorrebbe
rimediare. Guarda e soffre, ancora incapace di risolvere ciò che in vita
l'aveva portata a quel gesto. Questo è un altro dei dualismi del libro.
Così come lo è il fatto che, dalle sue stesse parole,
Dorotea sembra più viva da morta che quando lo era veramente. Parla con altri
fantasmi, comunica, cerca di raggiungere i vivi come non ha fatto da viva.
Guarda perfino al futuro, nonostante se lo sia lei stessa negato.
Di riflessioni questa manciata di pagine (la mia edizione ne
ha 166) ne porta tante, per contro non è un libro che si possa affrontare a
cuor leggero. Le descrizioni della decomposizione sono toste e ancor peggio è
il senso di fine, di irrimediabile che lo pervade.
Personaggi: Dorotea. E' lei che ci racconta la sua morte, la
sua decomposizione, la sua 'vita' dopo. Non è un personaggio simpatico, eppure
io neanche me la sono posta, la domanda se mi piacesse o meno. E' talmente
fredda, talmente lucida, talmente 'fantasma' che alla fin fine non ti viene
neanche da dirle: non lamentarti, te la sei cercata. Forse perchè, pur non
spiegando i suoi motivi e ciò che è successo, il suo disagio da viva è talmente
forte che alla fin fine si è quasi dispiaciuti che non riesca a trovare, nella
morte, ciò che stava cercando. Dispiace che non ci abbia provato quando poteva.
Dispiace che non possa tornare indietro. Indubbiamente è, a suo modo, un bel
personaggio. E terribilmente egocentrico.
Stile: Freddo e adatto alla protagonista che è stata scelta.
Brutale anche se non vengono utilizzati termini forti, ma solo corretti. Il
fatto che questa precisione susciti immagine poco piacevoli la considero
un'abilità dell'autrice. Forse c'è anche la volontà, sottile, di scioccare, ma
la mancanza di emozioni che accompagna alcuni passaggi smorza, per fortuna,
l'effetto. Ovviamente le descrizioni degli eventi post mortem sono precise e
accurate, anche troppo per il mio stomaco. La scrittura in generale si presenta
piuttosto scarna e questo rende il libro scorrevole e leggibile in poco tempo e
senza grosse interruzioni.
Giudizio finale complessivo: Mah... io amo troppo la vita
per essere in sintonia con un libro di questo tipo, ma l'inizio mi ha,
sinceramente, incuriosito. Volevo vedere come l'autrice avrebbe condotto questa
protagonista anomala e totalmente negativa e devo ammettere che, secondo me, ne
ha tirato fuori un buon lavoro. Forse avrei preferito un approfondimento di ciò
che è accaduto prima del gesto, ma anche così il libro mi ha portato a
riflettere molto. Forse non lo rileggerò, ma di sicuro ha lasciato una traccia.
E ha confermato, almeno in questa versione, la mia teoria
post mortem: non è una soluzione. Qualunque cosa si speri di trovare di là, non
c'è. E quel che è peggio, non si torna neanche indietro.
Prima di chiudere, però, c'è una frase che mi è salita alle
labbra ad ogni descrizione di vermi, liquidi, odori e cose varie: CHE SCHIFO!
Ecco, la dovevo dire,ora sono soddisfatta.
Voto: 8/10
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