Recensione: Zazie nel metrò di Raymond Queneau

Dopo un periodo piuttosto caotico a livello lavorativo e di vita privata torno finalmente a parlarvi di libri. Ho diverse cosette in arretrato (perché comunque riesco sempre a leggere qualcosa) pertanto spero di potervi tenere abbastanza compagnia nei prossimi giorni.



Titolo: Zazie nel metrò
Autore: Raymond Queneau
Edizione: Einaudi
Prezzo:  10,50 €
Trama: Zazie, una ragazzina ribelle e insolente, arriva nella Parigi degli anni '50 dalla provincia. Il suo sogno è vedere il metrò; ma se uno sciopero glielo impedisce, nessuno può trattenerla dal salire su quella giostra vorticosa che per lei diviene Parigi. Fugge disinvolta dall'olezzo dello zio, ballerino travestito, per incontrare, grazie alla sua vitalità straripante, una galleria eterogenea di personaggi: un conducente di taxi, diabolici flic, la dolce Marceline, una vedova consolabile, un calzolaio malinconico e un querulo pappagallo.


 Questo libro l'ho letto da un po', ma ho continuato a pensarci fino ad ora; a pensare al racconto e anche a cosa scrivere ad altri potenziali lettori. Si tratta di uno di quei libri 'tante cose' e, come ho già avuto modo di dire, i libri 'tante cose' mi creano dei problemi, perché per parlarne in maniera esaustiva si dovrebbe scriverne un trattato, ma al contempo si rischia di dire troppo. I punti di vista e gli argomenti sono tanti e, come sempre, mi sono risolta a scegliere quelli che mi sono piaciuti di più.
Dal punto di vista della trama, il racconto quasi non ha senso. Tolte tutte le sfumature, i significati nascosti, lo scopo dell'autore, ci si ritrova in mano una storia quasi senza trama e con passaggi caotici ai limiti del nonsense inglese. Voluti e ben utilizzati, e questo fa la differenza. Ammetto di non essere riuscita a cogliere tutte le sfumature e tutti i messaggi che possono essere nascosti tra le righe, ma mi è sempre sembrato chiaro che ogni cosa fosse scritta lì ad un preciso scopo.
Sicuramente è un racconto basato sull'ironia e sulle caratteristiche precise di un popolo e di un'epoca determinati, che possono non fare parte del bagaglio culturale di altre popolazioni e, pertanto, non sempre è possibile comprenderla. Di contro, come sostiene la Miss Murple di Agatha Christie, gli esseri umani hanno tratti comuni in tutto il mondo e, per certi aspetti, i confini nazionali e culturali, sono inesistenti. Questo rende il libro leggibile e godibile a prescindere dalle origini del lettore.
L'ironia da sola già renderebbe il libro carino, ma Queneau, va oltre, utilizzandola come sottolineatura al vero argomento del testo: le contraddizioni e i contrasti.
L'intero libro è giocato su questo, compresi i passaggi assurdi e quasi impossibili: Zazie è una bambina e ha sette anni, parla come se ne avesse settanta e fosse un uomo decisamente volgare, lo zio Gabriel di contro è un uomo grande e grosso e fa il travestito ballando in un locale per gay pur non essendolo; la moglie Marceline è dolce, buona e paziente, ma fa paura. Il titolo stesso è un contrasto: Zazie nel metrò non ci va mai.
Significativo ciò che dice ad un certo punto: alla domanda 'che hai fatto a Parigi?', lei risponde 'Sono invecchiata'. Non cresciuta come ci si potrebbe aspettare da una bambina (ma neanche questo sarebbe giusto, a sette anni sarebbe più probabile che dicesse che si è divertita o annoiata), ma proprio invecchiata, come se avesse molti più anni di quelli che l'autore le ha attribuito.

Personaggi: Tanti, tantissimi, tutti apparentemente inutili, tutti con un significato. Zazie è la protagonista, giovanissima eppure astuta e disincantata, caparbia eppure sottoposta all'autorità dei più grandi. Il suo girovagare, oltre ad avere significato di per sé, è anche la scusa per far salire sulla scena tutti gli altri. Al suo fianco lo zio Gabriel, grande e grosso eppure incapace di farsi rispettare da una bambina, al contempo stimato (stimata?) ballerina adorata da tutti i clienti del locale dove lavora. Con Zazie sembra debole, eppure conquista subito tutti. Gli altri personaggi si dividono la scena in modo equo e tra questi è obbligatorio comprendere sia Parigi (che è definita e indefinita insieme) sia gli anni '50 che apportano caratteristiche inconfondibili ad alcuni passaggi del libro.

Stile: Caotico come richiede il testo e Queneau è un autore troppo consapevole per non pensare che sia voluto. Frasi brevi, passaggi repentini di scena, azioni che si risolvono in pochi istanti e, incastrate qua e là, riflessioni argute e profonde. Anche la terminologia fa la sua parte, soprattutto per caratterizzare il periodo storico (mi ci sono volute dieci pagine a capire che blucinz voleva dire blue jeans).

Giudizio finale complessivo: Un libro troppo strano per non essermi piaciuto. In alcuni punti mi ha divertito, in altri fatto sgranare gli occhi, ma soprattutto, mi ha portato tante piacevoli riflessioni che mi hanno permesso di affinare il mio pensiero su certi argomenti e prendere consapevolezza della mia propria opinione riguardo ad altri. E' un libro che non si legge per la trama, ma per ciò che può portare al lettore. Ovviamente non su tutti ha la stessa presa né lo si può leggere in ogni momento. Forse rimprovero all'autore l'aver voluto mettere in gioco troppi argomenti senza sviscerarne nessuno a fondo (eccettuato il contrasto). Per finire mi è spiaciuto anche non riuscire a cogliere tutte le sfumature e le sottolineature che ci sono, ma, come ho detto, alcune appartengono alla cultura popolare e, da esterni, è difficile comprenderle.
Voto: 7/10


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