Recensione: I figli del pozzo di carne- Victorian Solstice 3 di Federica Soprani e Vittoria Corella


Titolo: I figli del pozzo di carne (Victorian Solstice ep.03)
Autore: Federica Soprani & Vittoria Corella
Edizione: Lite edition
Prezzo:   € 1,99
Trama: Nella Londra Vittoriana Uomini Neri e Boogeymen esistono davvero. I Mostri sono veri e hanno fame. Vengono e portano via quelli che hanno più paura. Per sconfiggere i Mostri ci vuole coraggio, follia e un pizzico di disperazione. Una nuova avventura di Jericho e Jonas nella pancia della Londra più nera.




*Attenzione, può contenere spoiler per chi non ha letto i primi due*


<<Siamo tutto quello che rimane delle persone che ci hanno amato e se ne sono andate.>>

Nella fumosa Londra della regina Vittoria si è venuta a formare una singolare coppia di investigatori: Jonas Marlowe e Jericho Marmaduke Shelmardine. Perché singolare? Perché il primo è un concretisssimo e realissimo ispettore di Scotland Yard, l'altro un medium in bilico tra realtà e paranormale. Due personaggi che sembrano non avere niente in comune e, proprio per questo, forse, il duo funziona.
Dopo essersi ritrovati a collaborare nei primi due episodi e aver rischiato più volte la vita, decidono di aprire assieme una società investigativa (la descrizione della casa e dei suoi abitanti mi ha ricordato tanto Sherlock Holmes e la cosa è stata graditissima). Per quali casi? A quanto pare i due sono destinati a far luce su tutto ciò che non interessa (o fa paura, come nell'episodio due) ai canali ufficiali.
L'enigma di quest'avventura si presenta fin da subito terribile e crudele: bambini scomparsi. E all'abominio di far del male a creature indifese, in queste pagine sono colpiti i più deboli tra i deboli: i bambini poveri, quelli che nessuno vede, che nessuno conosce, che nessuno cercherà mai.
Non ufficialmente.
Come negli altri due casi, da qui si dipana una vicenda torbida fatta di personaggi inquietanti e idee folli, di egoismo e scorciatoie per arrivare al benessere e alla ricchezza.
E non solo. Talvolta il male è semplicemente il male, senza motivi, senza giustificazioni che permettano alle nostre menti di accettare ciò che d'istinto rifiutiamo. Ci sentiamo più tranquilli, se riusciamo a dare spiegazioni logiche al male. Invece spesso non c'è nessuna spiegazione. C'è chi fa del bene semplicemente perché vuole e c'è chi fa del male semplicemente perché vuole. Accettiamo l'esistenza del bene libero e gratuito, ma non del male. Il male deve avere sempre un fondo logico, un motivo, una spiegazione che lo giustifichi.
Non ce l'ha. E difatti in questo libro non ci sono spiegazioni a certe azioni. Se il lettore non accetta, che le trovi da solo.
Neanche i due protagonisti si interrogano in merito. Fanno ciò che sentono di dover fare, per i bambini, ma soprattutto per se stessi e per chi hanno a fianco.
Riflettono invece su altro, sul dolore, sulla perdita, sulla solitudine che pervade tutto il racconto.
Solitudine percepita, più che reale, perché nessuno è davvero solo, non come credo. C'è sempre qualcuno, vicino o lontano, che veglia e resta lì dove c'è bisogno.
Solo una scena mi ha lasciato perplessa, che giunge all'improvviso e di cui non ho capito l'origine. Tra l'altro non se ne fa cenno neanche dopo e l'unica cosa che mi è venuta in mente è che fosse una piccola fanservice. Mi ha lasciato perplessa... ma soddisfatta eh!

Personaggi: Continua la dicotomia tra i due protagonisti anche se entrambi si stanno lentamente muovendo l'uno verso l'altro per capirsi, comprendere oltre ciò che l'altro mostra, aiutarsi, nei casi come nella vita. Jonas è sempre concreto ma idealista, generoso, altruista, ma sgomita, per far capire al socio che c'è, che esiste e che farà il possibile per non lasciarlo solo. Lo scettico sembra diventare Jericho che ancora non si fida, teme, conserva i suoi segreti. Però vengono regalati dei bellissimi momenti introspettivi in cui guardare tra i suoi pensieri e i suoi ricordi.
Adorabile miss Tipperary che compare pochissimo ma che spero di vedere di più nelle prossime avventure.
Mi ha incuriosita moltissimo la figura del Re dei topi, non tanto per il personaggio in sé, quanto perché ha suscitato l'eco di qualcosa lontana. Ho avuto l'impressione che non fosse la prima volta che sentivo quel nome e credo di aver già incontrato una figura simile in almeno un'altra occasione.

Stile: Sempre molto poetico e lirico, le due autrici deliziano il lettore con virtusismi eleganti e perfettamente azzeccati che rendono il romanzo piacevole e leggeremente surreale. Descrizioni evocative coinvolgono e rendono partecipi della scena. Azzeccati i dialoghi. Registro medio alto, ma comprensibile da tutti.

Giudizio finale complessivo: Ah bè, non vale. Io adoro questa serie e i suoi protagonisti per cui sono abbondantemente di parte. Ho apprezzato moltissimo la crescita di J&J e le escursioni nei loro pensieri e nel loro passato. A livello di 'caso' continuo a preferire i primi due, ma è solo un gusto personale. Non mi piace che vengono coinvolti i bambini, non in modo così negativo. Non li sopporto e mettermi un marmocchio a meno di cento metri è il sistema migliore per rovinarmi l'umore, ma questo non vuol dire che voglia loro male. Per me i bambini vanno lasciati stare, anche nei libri. E non amo storie su di loro. La trama comunque è coerente e i colpi di scena ben distribuiti lo rendono un'ottima lettura. Come dicevo, è mero gusto personale.
Voto: 8/10


Commenti

Post popolari in questo blog

Recensione: La variante di Lüneburg di Paolo Maurensig

Recensione: Il paradiso dei diavoli di Franco Di Mare

Segnalazione: L'angelo e il mugnaio di Antonio Aschiarolo