Recensione: Lo strano caso di Stoccolma di Christoffer Carlsson

Prestito della mia consocia e letto un po' di tempo fa.

Titolo: Lo strano caso di Stoccolma
Titolo originale: Fallet Vincent Franke
Autore: Christoffer Carlsson
Edizione: Newton Compton
Prezzo: 6,90€
Trama: Vero e proprio caso letterario in Svezia, Lo strano caso di Stoccolma è l’esordio fulminante del giovanissimo Christoffer Carlsson: un thriller psicologico che colpisce al cuore, una storia di segreti e ambiguità, ambientata negli oscuri meandri della capitale svedese.
Vincent, giovane tossicodipendente e spacciatore, trascina i suoi giorni, stretto nell’abbraccio mortale della morfina, in uno squallido appartamento nei bassifondi di Stoccolma. La sua triste routine viene scossa quando il suo amico Marko gli lascia in casa una ragazza legata e bendata, picchiata a sangue, di cui Vincent non sa nulla tranne il nome: Maria Magdalena. A poco a poco tra i due giovani nasce un’inaspettata complicità… Il desiderio di salvare la sconosciuta porterà Vincent a lottare disperatamente contro la brutale violenza del mondo che lo circonda e lo costringerà a guardare in faccia, per la prima volta, un passato oscuro che non ha mai avuto il coraggio di affrontare. Ma fino a dove dovrà spingersi per scoprire il segreto della ragazza venuta dal nulla?


Voto: 6/10
Mi verrebbe da dire: lo strano libro su 'Lo strano caso di Stoccolma'. O meglio, non è un libro strano, però non l'ho trovato tanto approfondito e curato da coinvolgermi.
troppo spesso mi sono trovata a farmi le classiche domande da lettore: ma perché? Oppure: quindi?
I 'quindi?' derivano da alcuni passaggi non ben spiegati o dove l'autore sembra dare per scontato che 'tanto si capisce' (ogni tanto mi chiedo se gli autori si mettano nei panni del lettore gnucco, tipo me).
I 'ma perché?' invece sono di derivazione logica. Sarà che io non sono una criminale, ma certi modi di agire mi sono sembrati incomprensibili. Forse, anche qui, è mancata qualche spiegazione.
Altro elemento che mi ha lasciata perplessa è il protagonista: è fatto bene ed è questo il problema. Mi spiego. Vincent fa parte della malavita ed è abituato a mentire e ad oscurare i propri sentimenti. Quando incontra Maria, non si spiega il suo interesse per lei, e anche se accenna al suo passato lo fa con l'omertà cui sono abituati quelli come lui. In questo senso è fatto bene. Purtroppo, da lettrice, mi sono ritrovata poco coinvolta e spesso confusa, facendomi sentire, appunto, strana nei confronti del libro.
Il finale è inaspettato e, forse, a freddo, è ciò che mi è piaciuto di più (a caldo no, ci sono rimasta male. Ho pensato: tutta sta menata e finisce così?).
Vincent è quasi mono personaggio. Narrando la storia in prima persona è possibile apprezzare solo il suo sentire (edulcorato, come dicevo), mentre tutti gli altri personaggi sono vacui e scarsamente delineati. Perfino Maria. Lei non parla la sua lingua e lui può solo supporre i suoi pensieri e le sensazioni (e in genere non lo fa, si limita a farsi domande lasciando se stesso e il lettore con i propri dubbi).
Per quanto riguarda la forma, Carlsson non scrive male. Ha un linguaggio scorrevole, non molto raffinato, ma che, in questo caso, si adatta alla storia. Non ricordo di averlo sentito scadere nel volgare (forse in qualche dialogo, ma lì ha senso) e mi è piaciuto moltissimo. Scarni i dialoghi e non sempre comprensibili, ma in certi ambienti, meno si parla meglio è.
Appunto personale: il titolo italiano è orribile.


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