Recensione: Irène di Pierre Lemaitre

Proseguiamo con il recupero recensioni dei libri letti ad Agosto ^^

Titolo: Irène (Camille Verhœven #1)
Titolo originale: Irène
Autore: Pierre Lemaitre
Edizione: Mondadori
Prezzo: 15,00 €
Trama: "C'è stato un omicidio a Courbevoie..." Messaggio laconico per un crimine a dir poco spaventoso. Quando il commissario Camille Verhoeven, felicemente sposato con Irène e in attesa del primo figlio, giunge sul luogo del delitto – un elegante loft – trova due, non uno, cadaveri di donne decapitate e fatte a pezzi e di fronte a una scena così estrema capisce subito, come in un presentimento, che in casi come questi le spiegazioni razionali non servono a nulla. E ha ragione, perché questo è solo l'inizio e uno dopo l'altro si susseguono dei crimini orribili e soprattutto illogici. La stampa e persino il giudice e il prefetto si scatenano contro il "metodo Verhoeven", specie perché l'indisciplinato poliziotto formula un'ipotesi cui nessuno vuole credere: chi sta uccidendo in maniera tanto selvaggia mette in scena delle macabre rappresentazioni ispirate a famosi romanzi noir e questa non può essere una coincidenza. Camille viene lasciato solo di fronte a un serial killer che sembra avere capito tutto di lui, nei minimi dettagli segreti della sua vita, e ha già previsto ogni sua mossa. E in questa sfida crudele ci può essere un solo vincitore. Per questo Camille non potrà sfuggire all'orrendo spettacolo che l'assassino ha preparato con tanta cura solo per lui. In Irène lo stile inconfondibile di Pierre Lemaitre lascia il segno: teso, intenso, non convenzionale, con una trama originale e diabolica e un protagonista fuori dal comune, lo straordinario commissario Camille Verhoeven con i suoi formidabili metodi d'indagine, e una Parigi spenta d'ogni luce romantica, cupo teatro di mostruosi assassini. Questo è il primo romanzo di una trilogia noir ad altissima tensione. 

Voto: 7/10
Ultimamente ho il brutto vizio di partire dal secondo libro delle serie. Niente di male se non fosse che spesso mi brucio il finale. del primo. Tipo in questo caso. Ho voluto comunque leggerlo, anche se il secondo (Alex) non mi aveva coinvolta più di tanto.
Purtroppo la cosa si è verificata anche questa volta. La trama è sufficientemente intrigata e complessa, forse anche troppo, ma con un po' di attenzione si segue abbastanza bene. Sono stata portata abilmente qua e là, sommersa d'indizi (molti dei quali falsi), ipotesi, dettagli, per poi veder saltar fuori la soluzione dal blando ricordo di un tizio trascinato nel libro quasi per caso. Non è che detesti i 'miracoli', capitano nelle indagini letterarie, ma Lemaitre aveva già usato il fato in 'Alex' (anzi, lo userà in 'Alex') e lo schema diventa ripetitivo.
Sul finale c'è un particolare della trama che da un lato ho trovato originale, dall'altro ha creato solo confusione. Capisco voler dare il colpo di scena finale, ma a quel punto mi sono chiesta se tutto ciò che avevo letto prima era vero oppure no. Inoltre, questo particolare 'trucco', ha richiesto diverse pagine di spiegazione e io tendo a preferire il 'mostramelo' piuttosto che il 'raccontamelo'.
Per finire, mi ha creato problemi anche con i personaggi: sono davvero come li ho visti, oppure quel punto di vista diverso ha alterato le mie percezioni? (So che non sono chiara, ma non voglio fare spoiler)
Camille è così astioso? Prova antipatia per quasi tutti e quasi sempre al primo sguardo. poi, ok che è basso (tanto), ma possibile che debba fare la vittima di continuo? Mi sembrava di leggere la versione adulta di Calimero.
Stessa cosa per i due comprimari.
Louis è davvero ricco e 'fighetto'? Sempre vestito firmatissimo, mai un capello fuori posto e di cultura mostruosa?
E Armand? La sua avarizia è così grottesca che perfino i colleghi, dopo le prime prese in giro, ne hanno pietà. Ma è autentica?
Dubbi che a fine libro mi sono rimasti (ok, con 'Alex' si risolvono, ma se avessi letto solo Irène mi sarebbero rimasti).
Comunque, a parte le domande sospese, ho finalmente capito cosa non mi piace di Lemaitre: il suo modo di raccontare.
Trovo la sua cadenza narrativa oltremodo lenta e noiosa, farcita di particolari talvolta inutili e tediosi, tal altra raccapriccianti e pedanti (scrivimi solo che il corpo era sventrato, non descrivere ogni singolo ghirigoro e aspetto che hanno gli organi interni fuoriusciti!). Ha una vena splatter e sensazionalistica che mal tollero perché non aggiunge niente, ma sembra che serva solo a colpire il lettore e a vivacizzare una scrittura allegra come una marcia funebre. Anche le emozioni dei personaggi sembrano avvolte da questa nebbia narrativa e non mi sono arrivate, facendomi sentire il libro come qualcosa di piatto ed estraneo.
So che si tratta di una serie di tre romanzi, ma, la momento, non credo che prenderò in considerazione il terzo.


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