Recensione: Ritorno a Riverton Manor di Kate Morton

Secondo tentativo con quest'autrice... Mi sa che chiudo qui.

Titolo: Ritorno a Riverton Manor
Titolo originale: The shifting fog
Autore: Kate Morton
Edizione: Sonzogno
Prezzo: 9,50 €
Trama: Riverton Manor, Inghilterra 1924. È la festa di inaugurazione della sontuosa dimora degli Hartford, e il fragore di uno sparo si confonde con i botti dei fuochi d'artificio che illuminano il cielo. Il poeta Robert Hunter giace senza vita nei pressi del laghetto della tenuta, con la pistola ancora fumante in mano. È suicidio? Di sicuro è uno scandalo che scuote fin dalle fondamenta l'aristocratica casata, perché le uniche testimoni del fatto sono le sorelle Hannah ed Emmeline Hartford. Che da allora non si parleranno mai più. Inverno 1999. Sono passati più di settant'anni da quella notte, e la quasi centenaria Grace Bradley, nella casa di riposo in cui trascorre i suoi ultimi giorni, è convinta di essersi lasciata per sempre alle spalle i fantasmi del passato e i tristi ricordi. Ma una giovane regista americana, che vuole realizzare un film sulle sorelle Hartford e su quel misterioso suicidio, chiede la sua consulenza. Grace, infatti, oltre che testimone di tempi ormai remoti, è stata anche direttamente coinvolta nella vita della famiglia: cameriera personale di Hannah, fin da bambina aveva servito come domestica a Riverton Manor. Dapprima riluttante, accetta poi di collaborare e comincia a rievocare le vicende dei giovani Hartford, destinati a un'esistenza tanto fulgida quanto breve: il promettente David, partito giovanissimo per il fronte e mai più tornato; la sensuale e intelligente Hannah; la gaia e capricciosa Emmeline; e soprattutto l'enigmatico Robert Hunter, del quale entrambe le sorelle erano innamorate...

Voto: 3,5/5 (7/10)
Sono al secondo libro di quest'autrice e sto arrivando alla conclusione che non siamo sulla stessa lunghezza d'onda. I suoi libri non sono brutti, tutt'altro, riconosco che sia un'ottima autrice, solo che io non mi trovo bene.
Proverò a spiegare la mia 'esperienza' con questo titolo.
La storia inizia dalla fine, con un suicidio strano che lascia intuire che c'è molto di più dietro. Dopodiché troviamo la protagonista più o meno ottanta anni dopo che ci racconta la storia partendo da eoni prima. Un arco temporale troppo grande per i miei gusti.
La narrazione è precisa, quasi puntigliosa, tesa a far capire al lettore non solo i trascorsi che porteranno al momento del fattaccio, ma anche tutti i rapporti interpersonali tra i personaggi. Questo mi ha fatto percepire un senso di pesantezza per tutto il libro che non è sfociato in noia solo perché ero curiosa di sapere cosa fosse accaduto in quel suicidio e dove l'autrice volesse andare a parare.
Però avrei volentieri fatto a meno di buona parte dell'adolescenza dei ragazzi, di sapere di chi era figlia Grace, di tutti i dettagli lenti sui lutti e le disgrazie della famiglia e di buona parte dell'epoca 'attuale' dove Grace racconta la storia al nipote. Forse voleva esserci un parallelismo con Robert, ma è talmente blanda la presenza di Mark, da essere del tutto inutile.
Mi piace che un libro si prenda i suoi tempi, che spieghi bene e che non sia affrettato, ma qui si esagera in senso opposto.
Tra l'altro ho trovato il finale, quello i cui viene spiegato il suicidio, davvero breve rispetto al resto. Una differenza che ha accentuato il mio senso di fastidio.
Come se non bastasse, altra cosa che mal tollero, è uno di quei libri in cui se una cosa può andar male sicuramente lo farà.
La protagonista è Grace, che ci racconta la storia in prima persona, ma con tale dovizia di particolari da permettere al lettore di conoscere abbastanza bene anche gli altri attori principali (e questo, per la verità, l'ho considerato un punto a favore). Rappresenta molto bene il dualismo tra la voglia di conoscere di più il mondo (ama leggere gialli ma li tiene nascosti per non incorrere nel biasimo altrui) e la fedeltà radicata al suo ruolo di domestica e ai padroni. Ho compreso questo secondo aspetto del suo carattere, ma non l'ho condiviso, forse per questo non l'ho trovata una protagonista simpatica.
Mi è piaciuta di più Hannah. Lei sì che cerca di essere anticonformista e di vivere la vita che vuole. Purtroppo anche nel suo caso, il periodo storico e le convenzioni la ingabbiano un po'. Se per lei ho provato più simpatia è stato perché, ad un certo punto, viene 'fregata' e, in base a questo, spinta in una direzione che non le si adatta. Oggi potremmo dire che è stata ingenua, ma per l'epoca l'ho trovata plausibile e coerente.
Emmeline, invece, fa davvero la ribelle, ma con i modi da bambina. Per tutto il libro rimane egoista e capricciosa, tesa solo a desiderare cose di altri. Una di quelle persone da prendere a schiaffi una volta sì e l'altra pure. Per questo non ho condiviso la scelta finale di Hannah in suo favore.
Tutti gli altri rimangono più sullo sfondo, compreso il suicida Robert.
Come ho già accennato, lo stile della Morton è accurato, pacato e un po' lento. Troppo per i miei gusti, ma che a tanti altri lettori piace. Le descrizioni sono molto precise ed evocative, i dialoghi appropriati per il periodo storico. Coerente la trama, con tutti i fili che vengono portati in fondo e chiusi.
Ripeto, trovo che Kate Morton sia brava, davvero, sia nel costruire storie, che nel raccontarle, solo che non è un tipo di narrazione che amo leggere.



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